IN TEMA DI INTERCETTAZIONI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE

UDIENZA CAMERA DI CONSIGLIO DEL 23/04/2008

SENTENZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.:                             N. 525
Dott. NARDI DOMENICO                 PRESIDENTE
1.Dott.COLONNESE ANDREA                  CONSIGLIERE     REGISTRO GENERALE
2.Dott,SCALERA VITO                                      N. 008045/2008
3.Dott.SAVANI PIERO
4.Dott.BRUNO PAOLO ANTONIO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da :
1) D. E.                                         N. IL XX/XX/19XX
avverso ORDINANZA del 11/12/2007
TRIB. LIBERIA’            di CALTANISSETTA
sentita la relazione fatta dal Consigliere COLONNESE ANDREA

sentite le conclusioni del P.G. Dr. Alfredo Montagna che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e della misura custodiale.

– Udito il difensore Avv. Giuseppe Dacquì

 

Il tribunale di Caltanissetta con ordinanza 11.12.2007 confermava il provvedimento del G.i.P. presso lo stesso tribunale, in data 21.11.2007, col quale era stata applicata a D. E. – indagato ‘in ordine ai reati di associazione per delinquere e di più episodi di furto in abitazione –la misura della custodiaocautelare in carcere.
Il tribunale – premesso che in San Cataldo si era verificata una recrudescenza di furti in appartamenti, commessi con modalità analoghe ( in orari diurni e con asportazione di beni facilmente vendibili al mercato clandestino) e che ciò aveva portato allo svolgimento di approfondite indagini – osservava che a carico dell’indagato sussisteva un grave quadro indiziario, rappresentato prevalentemente dal contenuto dei colloqui tenuti sulla vettura di F. E., nel corso dei quali era stata riconosciuta la voce di vari indagati, fra le quali quella del D. E.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’indagato denunciando, nel primo motivo, violazione di legge.
Premette che, dopo l’interrogatorio di garanzia, gli atti erano stati trasmessi all’ufficio del pubblico ministero ed il difensore di fiducia, nominato dopo la revoca. del precedente difensore, aveva chiesto al magistrato inquirente, in data 29.11.2007, «il rilascio di copia dell’indice degli atti al fine di selezionarli ed indi richiedere l’estrazione c/o la visione». Il P.M., però, in pari data, aveva “immotivatamente ed illegittimamente” rigettato l’istanza.
Deduce, quindi, che il mancato accesso agli atti “trasmigrati presso l’ufficio inquirente (e quindi non più sotto il controllo giurisdizionale)”, privando il difensore della possibilità di presentare istanze ex art. 299 c.p.p., di attivare indagini ispettive, di sottoporre al giudice fatti nuovi o di offrire una diversa lettura degli atti acquisiti, comportava la violazione del precetto di cui all’art. 178 lett.c) c.p.p., determinando la perdita di efficacia della misura.
Aggiunge, inoltre, che, in data 30.11.2007, era stata formulata dal difensore, ai sensi dell’art.268 comma 8° c.p.p., richiesta di trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni relative alle conversazioni intercettate; anche detta istanza veniva, però, rigettata con la motivazione che non era stata «ancora disposta la chiusura delle indagini preliminari».
Lamenta al riguardo che – avendo i difensori facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni, sempre che il giudice non abbia autorizzato il ritardato deposito – non si comprendeva la ragione del segreto investigativo, dal momento che le registrazioni erano state .«integralmente trascritte e riportate nell’ordinanza custodiale ». Inoltre il divieto costituiva grave menomazione del diritto di difesa dal momento che sussisteva il forte dubbio che l’interlocutore, identificato per il D. E., fosse effettivamente il predetto, donde il mancato ascolto delle conversazioni, quantomeno di quelle attribuite all’indagato, costituiva violazione del precetto ex art. 17 8 c.p.p. Deduce, nel secondo motivo, violazione di legge e carenza di motivazione con riguardo alla sussistenza di un grave quadro indiziario, sia in relazione all’esistenza di un’organizzazione criminale, che rispetto ai reati fine addebitati. Il primo motivo è parzialmente fondato ed assorbente. Deve premettersi che il collegio, investito delle stesse doglianze, aveva osservato che il difensore aveva eccepito non la mancata trasmissione al tribunale, nei termini prescritti, di atti posti a fondamento dell’ordinanza cautelare, ma, piuttosto, un’asserita violazione del diritto di difesa per il denegato accesso agli atti ed alle registrazioni delle intercettazioni. Era stato, quindi, argomentato che non si era verificata alcuna causa di inefficacia dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, dal momento che le disposizioni sanzionatone di natura processuale sono tassative e che, comunque, nel procedimento incidentale di riesame non sono deducibili questioni di inefficacia della misura diverse da quelle concernenti l’inosservanza dei termini stabiliti dai commi 5′ e 9° dell’art. 309 c.p.p.. Ciò premesso, va osservato che correttamente l’ordinanza sottolinea che le eccezioni avanzate non potevano comportare la perdita di efficacia del provvedimento che aveva disposto la misura, non rientrando le stesse nella previsione dell’ari 309 co.10′ c.p.p.. Nella specie infatti l’interrogatorio era stato ritualmente eseguito, senza che — a quanto risulta — si fosse verificata alcuna omissione in ordine al previo deposito, nella cancelleria/ del giudice, degli atti a norma del terzo comma dell’art.293 c.p.p.; vizio, questo, che avrebbe comportato la nullità dell’interrogatorio e la perdita di efficacia della misura (Cass. Sez.Un.28.6.2005 n. 26798). Peraltro — pur dopo l’espletamento di detto incombente — con la restituzione degli atti al P.M procedente restava salva la facoltà del nuovo difensore di accedere agli atti. Non è contestabile, infatti, l’esigenza per il difensore, in pendenza del termine per proporre la richiesta di riesame, di acquisire completa conoscenza degli elementi su cui si fondava l’ordinanza cautelare, onde il rigetto delle istanze al riguardo avanzate, comprometteva la possibilità della completa e consapevole attuazione del diritto di difesa; situazione, questa, peraltro, implicitamente riconosciuta dallo stesso tribunale, il quale si è, però, limitato solo ad osservare che gli atti sarebbero stati «accessibili alla difesa presso la cancelleria…. del tribunale sin dal 3.12.07». In detto contesto, viceversa, risultando illegittimo il diniego opposto dall’organo inquirente, era onere del tribunale emendare, nell’ambito dei propri poteri, detta omissione, consentendo specificamente al difensore, in applicazione del precetto di cui all’art. 309 comma V c.p.p., di esaminare ed estrarre copia degli atti depositati nella propria cancelleria. Del pari — stante i precetti dell’art.268 c.p.p. — si rivelava illegittimo ed ingiustificatamente catamente restrittivo il rifiuto di consentire la trasposizione delle registrazioni concernenti le intercettazioni dei colloqui attribuiti all’indagato. Se le stesse — come si assume — erano già state “integralmente trascritte” nell’ordinanza custodiate, risultava incoerente la motivazione addotta per il diniego, mentre restava compresso il diritto di difesa, dal momento che si intendeva verificare proprio la correttezza del riconoscimento della voce dell’indagato. L’ordinanza, quindi, deve essere annullata con rinvio per nuovo esame, restando demandato al tribunale il compito di purgare i vizi indicati, consentendo la piena esplicazione delle facoltà difensive.

                                                                  P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale del riesame di Caltanissetta per nuovo giudizio.
Roma, 23.4.2008

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